E’passato qualche mese dall’addio della paziente protagonista dei precedenti articoli e oggi mi è arrivata una sua lettera, lettera non email! Lettera scritta a mano e spedita con il francobollo. Mi ha stupito: chi scrive ancora lettere a mano oggi, quasi nessuno, ma lei si, per distinguersi dalla massa e con la sua solita sincerità lo scrive chiaramente. Ecco il testo. Mia cara dottoressa, (mi consenta questa intimità) cosa ha pensato quando ha ricevuto la mia lettera? Un po’ si sarà meravigliata, e poi avrà detto “l’ha fatto per essere diversa, sempre narcisista”. Forse ha ragione o forse no. Si, mi voglio distinguere dagli altri. Che c’è di male? In questo caso poi…..recuperare l’uso della penna e il movimento manuale della scrittura potrebbe anche essere un modo per difendere la nostra “umanità” dalle macchine intelligenti. Anche i ragazzi, soprattutto loro, dovrebbero riprendere o imparare a scrivere con la penna o la matita e dimenticarsi ogni tanto del telefonino e del PC. Se continueranno a digitare soltanto, finirà che non sapranno più scrivere a mano. Proprio un bel progresso! Comunque non è di questo che volevo parlarle.Il lavoro che abbiamo fatto si sta rivelando molto utile. Adesso sto incominciando a riconoscermi, a tollerare i miei difetti, non cerco più la perfezione e. riesco ad accettarmi come sono. C’è una cosa però che turba la mia serenità, la difficoltà enorme a separarmi dalle persone, dagli oggetti, dai luoghi, da tutto! La strategia che metto in atto per superare l’angoscia della separazione è mantenere un distacco affettivo da tutto. E per quanto riguarda i luoghi non trattenermi mai troppo a lungo in un posto e programmare già all’arrivo il momento della partenza. Certo tutto ciò mi complica notevolmente la vita, ne sono consapevole, ma almeno così evito le crisi di panico, che le assicuro sono tremendamente spiacevoli!!! E uso un eufemismo! Anche separarmi da lei è stato molto, molto difficile e lei non ha fatto nulla per trattenermi. Quindi sono molto arrabbiata con lei, perché, nonostante questo problema irrisolto, mi ha lasciato andare via senza combattere.Una madre combatte sempre , senza sosta, per il proprio figlio/a, invece lei non lo ha fatto. L’analista è una madre, no? Perchè dunque lei mi ha abbandonato nella mia nevrosi? Lo sa, non posso proprio perdonarla. Non ho intenzione di riprendere l’analisi con un altro analista per risolvere il mio problema relativo alla separazione e dovrò cavarmela da sola. Ecco lei mi ha lasciato sola in quest’ultima battaglia. Sento nelle orecchie la sua voce :” Se l’ho lasciata andare, evidentemente sapevo che ce l’avrebbe fatta, che era in grado di camminare da sola. L’analisi a questo punto sarebbe stata una gruccia che chiudeva la strada verso un’autentica autonomia” Questo lei mi direbbe e forse sono costretta a darle ragione, però che fatica ……è proprio in salita la strada verso l’autonomia! Ripenso a quando ero piccola e accanto alla babysitter salutavo mia mamma che partiva per una lunga tournèe . Nessuna lacrima, dritta, rigida, sventolavo la mano e guardavo la macchina che la portava via fino a che scompariva dietro la curva del viale di casa nostra. Poi rientravo e andavo al suo pianoforte, mi sedevo e incominciavo a tempestare i tasti con gli esercizi di accordi. e scale. E suonavo, suonavo per ore. Mio papa, la babysitter, la cameriera mi lasciavano fare per non subire le mie urla isteriche. Mamma era una concertista e stava via da casa anche due o tre mesi. Sono separazioni traumatiche queste ,che potrebbero essere all’origine del mio problema. Io non ripenso volentieri a quel periodo, ma quando mi costringo a farlo per motivi terapeutici, piango e allora mi rendo conto che quei distacchi devono essere stati eccessivamente dolorosi per una bimba di sette anni. Adesso sono una donna, una persona adulta, dovrei aver superato quei traumi, invece combatto ancora con le medesime angosce con una differenza : oggi ne sono consapevole. Allora le domando :” Se aver acquisito consapevolezza non è servito a guarire dalla nevrosi, cosa devo fare per evitare l’angoscia della separazione?” La mia è una domanda retorica. Conosco la sua risposta. ” La consapevolezza non sconfigge la paura, ma ti consente di affrontarla e di non sprofondare nell’angoscia. E’ come quando dobbiamo affrontare un pericolo: un conto è conoscerlo e quindi preparare una strategia adeguata per difenderci e altro è non sapere nulla , né da dove viene nè da chi o che cosa e quindi vivere nell’angoscia dell’attesa senza poter predisporre una difesa adeguata.” Almeno mi faccia i complimenti, sono o non sono una brava allieva? Non è fiera di me? Mi faccio pena , ancora con questo bisogno di “RICONOSCIMENTO!!! di STIMA !!! Ancora a piatire un suo BRAVA! Quando riuscirò a dirmelo da sola? Quando? Non mi aspetto una risposta……comunque le sono riconoscente. La sua ex paziente ribelle XY. (Per rispettare la privacy ometto il nome)