A parte i bambini fortunati che hanno una casa calda e confortevole, una fondata speranza di ricevere doni , gli altri, la maggior parte degli adulti intendo, sembrano assai scontenti delle feste in arrivo, si lagnano del traffico più intenso e caotico del solito, del fastidio di ricevere o fare inviti per cene e pranzi, di come alternarsi fra parenti di uno e dell’altro coniuge, e delle spese per regali che si sentono obbligati a fare e di cui farebbero volentieri a meno. Fra gli scontenti ci sono anche coloro che sono soli non per scelta, le persone molto malate o rattristate da lutti recenti, che ovviamente non amano l’atmosfera luccicante delle feste, che , per contrasto, accentua il loro dolore. Erano queste le considerazioni di Fabrizio, mentre andava avanti e indietro per lo studio, riluttante come sempre a sdraiarsi sul lettino di analisi. Fabrizio ha trent’anni, lavora in uno studio legale e sta preparando l’esame per entrare in magistratura. Diventare magistrato è da sempre il suo sogno. Suo padre era magistrato. Quando ne parla il suo volto si intristisce. E’ stato ucciso in un agguato dieci anni fa e ancora non sono stati trovati i colpevoli. “Era un gigante” dice spesso Fabrizio “Era il più bravo di tutti. Aveva coraggio da vendere. Ecco perché l’hanno fatto fuori”. Il sogno di Fabrizio è di essere come suo padre, ma temo che rimarrà sempre un sogno, perchè Fabrizio non ha la tempra dell’eroe, né la maturità necessaria per lavorare in un ambiente così delicato e complesso. Lui non è consapevole dei suoi limiti e continua a costruire un’immagine di sé grandiosa , ben lontana dalla realtà. Continua a parlare delle dissonanze natalizie finché dice una frase che mi stupisce: la sento vera, esce proprio da lui non dalla sua immagine grandiosa. ” Se tutti blaterano che il Natale è diventato una festa consumistica , che ha perso tutto il suo significato spirituale, perchè non abbiamo il coraggio di dire basta e torniamo alle origini, al presepe, alla festa solo ed esclusivamente religiosa?” Non rispondo. Non voglio ridurre la sua seduta di analisi ad uno scambio di opinioni sociologiche, anche se è proprio questo che vuole Fabrizio, per continuare a prendere le distanze da se stesso. Il mio silenzio lo indispettisce e riprende a sproloquiare sulle feste, sulla loro inutilità, falsità, e che vorrebbe addormentarsi per svegliarsi quando tutta questa baraonda festaiola è finita, fuochi d’artificio e botti compresi. Ciò che lo sfogo verbale di Fabrizio copre è l’angoscia, comune a tutti noi , legata al tema della morte e della nascita. Il Natale non è solo la nascita di Gesù Bambino, è anche il solstizio d’inverno, la notte più buia dell’anno a cui seguirà la luce della primavera: dunque buio e luce, morte e rinascita.La musica e i colori che accolgono l’anno nuovo servono, almeno temporaneamente, a dimenticare lo spettro della morte che ci accompagna dal momento stesso in cui emettiamo il primo vagito. Anche l’epifania , che nella tradizione cattolica è la presentazione ufficiale di Gesù ai Re Magi, con la befana, vecchia e rattrappita, povera, rappresenta sia la terra invernale desolata, sia l’anno vecchio che se ne va . E’ il ripetersi dei cicli stagionali , è. l’annuncio della fine dello sterile inverno e il prossimo arrivo della primavera e dell’estate , entrambe feconde di frutti. Le feste finiscono dunque con l’epifania e noi ci ri-immergiamo nella vita quotidiana, pronti a discutere animatamente della partita di calcio di domenica, a protestare con il figli che hanno i cellulari come protesi delle loro mani, a ridere dell’ultima cafonata di un nostro conoscente, etc, etc, dimentichi di quella signora che cammina sempre al nostro fianco, invece di prestarle attenzione e farcela amica, perché sarà lei che ci prenderà per mano e ci accompagnerà in un’altra stagione.